La cooperativa Prospettiva, con sede a Catania, e parte del partenariato del progetto Xing-Crossing ha realizzato un’analisi sull’autostima tra ragazzi italiani e stranieri presenti in comunità di accoglienza per minori. La sperimentazione ha poi permesso l’elaborazione di un report contenente le principali evidenze, dal titolo: Tante storie, poche differenze, una sola autostima ‘apolide’.
Tutti conoscono il termine autostima e sono capaci di darne, a grandi linee, un significato più o meno esaustivo. In breve, l’autostima potrebbe essere definita come: un processo soggettivo, duraturo e continuamente mutevole nel tempo, che porta il soggetto a valutare se stesso tramite l’autoapprovazione del proprio valore personale fondato su percezioni esterne e autopercezioni. Tale termine deriva appunto da “stima”, ossia la valutazione e l’apprezzamento di sé stessi e degli altri.
In ambito psicologico, William James definì l’autostima come il rapporto tra sé percepito e sé ideale. Il primo riguarda la considerazione, l’opinione, l’immagine che l’individuo elabora su di sé in base alle caratteristiche che dal suo punto di vista sono presenti o assenti all’interno della sua vita; il sé ideale è invece l’idea di come vorrebbe essere, del modello di vita che sta prendendo in considerazione, ciò a cui aspira. Secondo James, l’individuo manifesta bassa autostima nel momento in cui il sé percepito non raggiunge il livello del sé ideale e quanto più grande è la discrepanza tra i due, tanto più possono nascere: insoddisfazione (sé percepito minore del sé ideale) o alto senso di potere e successo (sé percepito supera il sé ideale). Per James quindi, il senso di autostima deriverebbe dal rapporto tra successo e aspettative.
Partendo da questi assunti, l’equipe della Cooperativa Prospettiva si è chiesta se vi potessero essere altri fattori, quali ad esempio: la cultura d’origine, l’etnia e un vissuto turbolento, nel delineare e influenzare l’autostima di adolescenti, italiani e stranieri, residenti in comunità.
È stato quindi utilizzato il TMA (Test di valutazione Multidimensionale dell’Autostima) di Bruce A. Bracken, un test auto valutativo, somministrabile a individui in fase preadolescenziale e adolescenziale di età compresa tra i 9 e i 19 anni, suddiviso in 6 sottoscale da 25 items l’una, per un totale di 125 items. Lo schema interpretativo del TMA si basa sull’importanza delle sue sei dimensioni riferite a specifici contesti: interpersonale, della competenza di controllo dell’ambiente, dell’emotività, del successo scolastico, della vita familiare e del vissuto corporeo.
I risultati ottenuti somministrando il TMA a 40 beneficiari equamente divisi in 2 gruppi, uno di controllo composto da 20 adolescenti italiani, l’altro sperimentale composto da 20 adolescenti stranieri, si sono rivelati particolarmente interessanti.
Questo studio ha permesso di riscontrare parecchie analogie nell’autovalutazione della propria autostima tra i 2 gruppi, e quindi fra soggetti in apparenza così diversi, così come sorprendenti, e a volte inaspettate, differenze in ambiti dove si è soliti dare maggior peso a fattori etnici, culturali e di genere. Riprendendo la dicotomia di James a proposito dell’autostima, l’utilizzo del TMA nello studio realizzato ha permesso di riscontrare spesso punteggi i cui valori palesano questa discrepanza fra sé percepito e sé ideale.
L’insieme di dati e osservazioni ottenuti non pretende di fornire risposte o conclusioni certe, ma permette di rivedere alcune aspettative legate a fattori biopsicosociali e fornirci ulteriori stimoli e domande per eventuali futuri approfondimenti.
Il report è stato realizzato da: Sonya Terranova (Psicologa- Psicoterapeuta Cooperativa Prospettiva), Fabrizio Rucci (Psicologo), Federica Roberto (Psicologa).
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