“Sono emerse cose molto interessanti che non pensavamo potessero venire fuori in così poco tempo, ma questa è la potenza del teatro e di chi sa mettersi in gioco senza la paura di essere giudicato, ed è questo che insegniamo ai nostri ragazzi e ragazze a giocare, a non avere paura, a cercare di superare i propri limiti, a prendersi un proprio posto nel mondo attraverso una maggiore conoscenza del proprio corpo e dei propri desideri anche attraverso l’altro, attraverso lo scambio e la condivisione di storie”.
Inizia con le parole di Armida Lo Cascio dell’associazione Nottedoro il racconto del percorso di formazione con gli operatori dell’accoglienza di Palermo e di Marsala. Educatori, coordinatori di cooperative, mediatori culturali, insegnanti di italiano, volontari, psicologi che, per professione o per attivismo, lavorano al fianco di persone con background migratorio.
Partendo dall’idea che gli operatori non devono occuparsi esclusivamente dell’iter della domanda di asilo e di aspetti logistico-amministrativi ma devono essere capaci di intessere relazioni, di aiutare le persone a “fare da sé”, il percorso è stato pensato come un momento di riflessione e di messa in gioco utilizzando tecniche non formali e strumenti non convenzionali.
In particolare, durante gli incontri condotti da CESIE, Nottedoro, Archè Onlus e Libera Palermo i partecipanti hanno potuto riflettere sui concetti di sensibilità interculturale e shock culturale, riflettendo sulle proprie zone sensibili, cioè quel sistema valoriale che spesso l’Altro mette in crisi; approfondire l’utilizzo del teatro e dei linguaggi audiovisivi come strumenti per la rielaborazione dei vissuti dei minori soli e al rafforzamento della consapevolezza di sé e delle proprie relazioni interpersonali, venire a conoscenza di buone prassi relative alla Libera Palestra Popolare e Libera Orchestra Popolare e sulle nuove leggi e dati in tema di immigrazione e ragionare sui concetti di cittadinanza attiva, responsabilità civica, diritti e doveri dei nuovi cittadini.
In questo quadro SAAMA interviene sul sistema di accoglienza declinandolo in chiave di “comunità educante”, intesa come rete di attori privati e pubblici e di singoli cittadini, anche del gruppo dei pari, all’interno della quale i minori migranti non accompagnati possano trovare punti di riferimento nei vari ambiti del loro percorso di formazione e inserimento stabilendo legami relazionali e sociali che costruiscano un capitale sociale solido.
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