L’intervista a Paola Scafidi, dell’associazione Tutori nel Tempo di Ferrara.
Quando e con che motivazione è nata l’associazione Tutori nel Tempo? Qual è stato il vostro percorso?
L’inizio dell’esperienza della tutela volontaria a Ferrara risale al 2015. Il Comune allora, prendendo spunto da una sperimentazione nata a livello regionale, promosse un primo corso per tutori volontari, ma senza specifico riferimento ai minori stranieri non accompagnati. Ancora non si parlava di legge Zampa. Parteciparono al corso 25 volontari: un gruppo molto variegato e ricco di professionalità, con evidenti competenze al suo interno e colmo di potenzialità. I tutori hanno continuato ad incontrarsi per loro libera volontà una volta al mese, accompagnati dai coordinatori del corso che hanno continuato a seguire il gruppo. Questi incontri nascevano dall’esigenza di continuare a formarsi o auto-formarsi utilizzando proprio le professionalità presenti all’interno del gruppo, confrontandosi inoltre sui problemi che ogni tutore andava incontrando con l’esperienza di tutela. La decisione di costituirsi in associazione è stata un’evoluzione naturale di questo percorso. Una scelta davvero lungimirante.
Oltre all’esigenza di confronto tra i tutori è poi nata anche quella con i soggetti del territorio? Come per esempio Tribunale, servizi sociali e comunità.
Potersi sostenere e confrontare sui problemi comuni è stata fin da subito un’esigenza primaria del gruppo, che ha preceduto solo temporalmente quella di poter dialogare in maniera efficace anche con gli altri attori del sistema di accoglienza. Questa seconda esigenza fra l’altro, sempre nell’ottica lungimirante di cui dicevo prima, era già stata avvertita a monte. Durante il percorso di formazione i nostri volontari avevano già messo le basi di buoni rapporti con le istituzioni locali e gli altri soggetti, grazie anche a collaborazioni e progetti condivisi con il Tribunale dei Minori, ma con la costituzione dell’associazione hanno potuto continuare a portare avanti questa interlocuzione in maniera decisamente più qualificata. Ancora oggi lo si fa, con grande spirito di collaborazione.
Quali erano i dubbi e le perplessità al momento della costituzione in associazione? Avete avuto un supporto legale o tecnico in quella fase?
Fortunatamente uno dei coordinatori del corso era Daniele Lugli, che aveva una formazione da avvocato ed era Difensore Civico della Regione Emilia Romagna, oltre che rappresentante del Forum del Terzo settore di Ferrara. E’ stato lui a guidare il gruppo in questo percorso, dalla bozza dello statuto all’atto costitutivo. C’è stato poi un passaggio anche con il CSV, il Centro Servizi Volontariato, che ha, con i suoi consulenti, revisionato la documentazione sotto il profilo formale ed affiancato il gruppo per l’iscrizione nel registro regionale delle associazioni di volontariato. Ci siamo avvalsi, in sostanza, di un supporto qualificato. Ed è stato fondamentale. Senza l’affiancamento di professionisti ed esperti il gruppo avrebbe potuto scoraggiarsi nelle fasi di costituzione, perdendosi tra adempimenti burocratici e pratiche varie. Il supporto legale e tecnico è necessario ed indispensabile per ogni nascente associazione.
Quali sono le sfide per il futuro per la tutela volontaria?
La prima sfida è sicuramente quella di ottenere l’effettiva tutela dei diritti riconosciuti ai minori stranieri non accompagnati dalla legge Zampa. Ad esempio in materia di identificazione all’arrivo, in materia di accertamento dell’età, in materia di riconoscimento di un tutore per ciascun minore straniero non accompagnato. Nonostante il complesso e ben concepito impianto legislativo della Legge Zampa, purtroppo non è ancora effettivamente così. Abbiamo riscontrato nella nostra esperienza il mancato rispetto dei protocolli per l’accertamento dell’età e il rinvio diretto del minore o sedicente minore alla radiologia, senza nessun tipo di colloquio. Non tutti i minori stranieri non accompagnati hanno un tutore volontario, poichè prossimi alla maggiore età. C’è una discussione aperta su questo ed è un tema di discussione prioritario, da affrontare nel breve termine. Un’altra sfida, molto grande ed ambiziosa, è quella rivolta all’ottenimento delle misure di accompagnamento per i neo-maggiorenni. Il momento del passaggio alla maggiore età è molto critico e le misure sono, attualmente, assolutamente inadeguate ed insufficienti. Riflettendo invece sul ruolo dei tutori, è invece evidente come la figura sia ancora poco conosciuta e come alcune realtà facciano fatica a riconoscere l’importanza del ruolo. Quindi c’è ancora molto lavoro da fare proprio per far sì che il ruolo sia riconosciuto, così come è scritto. Far conoscere e promuovere la tutela volontaria anche nelle comunità in cui operiamo è fondamentale. I tutori volontari dovrebbero potersi sempre sedere ai tavoli in cui si prendono le decisioni che riguardano i minori stranieri non accompagnati. E sotto questo profilo poter contare su un’associazione costituita risulta decisivo e qualificante. C’è ancora molto lavoro da fare.
Il progetto Tutori in Rete propone un lavoro di raccordo a livello nazionale. Come valuti questo tentativo e che suggerimento vorresti proporre?
Il progetto lo valutiamo come assolutamente necessario ed ovviamente positivo. Già da tempo stiamo cercando contatti con altri tutori. Mettere a confronto le esperienze sui vari territori è utilissimo per tutti e stiamo infatti lavorando e contribuendo alla costruzione di un gruppo regionale. Il progetto Tutori in Rete ha una finalità che condividiamo pienamente e che riteniamo utile. La figura del tutore volontario è universalmente riconosciuta come fondamentale nel percorso di integrazione del minore straniero, ma raramente partecipa e ed è interpellata quando si tratta di prendere decisioni. Ritengo quindi che il coordinamento nazionale possa accreditarsi in questo senso e riuscire a portare le istanze dei tutori a quei livelli in cui si decide. Questo è assolutamente essenziale. Un suggerimento che mi sento di dare è quello di cercare di intercettare quanti più tutori possibile, cercandoli quindi nelle maniere più disparate e non solo cercando i gruppi formali e informali già costituiti, ma per esempio contattando i tribunali minori che hanno a disposizione anche gli elenchi dei singoli. Un lavoro capillare di ricerca, per il bene di tutti. Perché un tutore che lavora, che opera da solo senza poter fare riferimento a un gruppo è sicuramente più smarrito. C’è bisogno di un riferimento e penso che possa nascere da questo progetto.