Work in Progress ha stipulato un patto con la cooperativa Dar=Casa, per l’assegnazione di tre appartamenti all’interno del progetto di abitare collaborativo “Carbonia 3, conoscersi da vicini” a Milano, ad alcuni minori stranieri non accompagnati. Ne abbiamo parlato con Francesca Barbesino, dell’équipe integrazione di Work in Progress, che sta seguendo i ragazzi nel loro percorso di autonomia abitativa.
“Nel progetto sono stati inseriti sei ragazzi, che vivono a coppie in tre monolocali messi a disposizione da Dar=Casa nel complesso di via Carbonia, nella zona di Quarto Oggiaro”, racconta Francesca.
Due appartamenti sono condivisi da due coppie di amici: nel primo caso, un ragazzo proviene da Comunità Progetto e ha partecipato a Work in Progress, l’altro ha fatto il percorso da minore straniero non accompagnato ma nel circuito dell’ex SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati); nel secondo caso i due giovani hanno fatto insieme il percorso di accoglienza a Spazio Aperto Servizi. L’ultimo nucleo è composto invece da due ragazzi, uno proveniente dai partner di Work in Progress Fuoriluoghi e l’altro da Spazio Aperto Servizi, che non si conoscevano.
“I ragazzi che si conoscevano già prima di trasferirsi in via Carbonia vivono la casa in maniera diversa. Per esempio, dal momento che l’appartamento era consegnato con un arredamento essenziale, si sono attivati autonomamente per completarlo e personalizzarlo. Addirittura, una delle due coppie è talmente legata che hanno deciso di unire i letti.
Diversa è la convivenza per i due che non si conoscevano, che all’inizio hanno fatto un po’ di fatica e vivono la casa come una soluzione momentanea”, spiega l’operatrice.
Un grosso aiuto ai ragazzi è arrivato dalla collaborazione con il progetto MiraSole, che ha messo a disposizione gratuitamente elettrodomestici e utensili che servivano in casa, grazie a una segnalazione partita da Work in Progress.
Quello di via Carbonia è un progetto di abitare collaborativo e quindi gli inquilini sono invitati a mettersi in gioco nella relazione con i vicini e con il quartiere. Dice Francesca “Tra abitanti dei vari appartamenti hanno iniziato a conoscersi. Le cose sono state un po’ rallentate dalla pandemia, ma le cose si stanno muovendo. Per esempio un gruppo di giovani residenti ha bussato alla porta dei nostri ragazzi, chiedendo loro il numero di telefono e inserendoli in una chat di Whatsapp in cui si propongono iniziative. È stata poi collocata una bacheca cerco/offro, grazie alla quale hanno messo in comune la necessità di attrezzi per la casa o il bisogno del libro per fare la patente. Per quanto riguarda i nostri ragazzi, alcuni chiedono e si informano, altri per ora non sono particolarmente coinvolti. L’idea però è di spingerli a mettersi in gioco, perché serve a migliorare la convivenza e a essere inclusi nella vita della comunità”.
Come previsto dal patto con Dar=Casa, poi, gli operatori di Work in Progress forniscono un presidio educativo leggero, per seguire i ragazzi in questa loro prima esperienza abitativa autonoma. Francesca, quindi, va un pomeriggio a settimana a trovare i ragazzi per monitorare la situazione: “Un aspetto su cui lavoro è quello di favorire la conoscenza tra di loro e stimolarli a conoscere gli altri inquilini, a fare cose insieme, a creare collaborazione. Devo dire che non mi cercano molto, ma dipende da ragazzo a ragazzo: chi è stato più accudito in comunità e ha ancora bisogno di una figura educativa, chiede; gli altri no. Comunque tutti si muovono abbastanza in autonomia anche perché la nostra è una presenza leggera, utile soprattutto a non creare un vuoto tra la comunità e la vita da soli”, spiega l’operatrice.
Che conclude: “In questa prima esperienza i ragazzi si sentono più liberi e autonomi. Stanno imparando a gestire il pagamento dell’affitto, sono attenti alla raccolta differenziata. Chi si è stabilizzato, sente di aver trovato il proprio posto dopo la comunità; altri sono un po’ più inquieti e vivono questa come un’esperienza di passaggio”.